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Protesi d’anca. Il sangue.

Protesi d’anca mini invasiva. Il sangue

Come molti interventi ortopedici, anche la protesi di anca è un intervento in cui si può perdere una certa quantità di sangue con conseguente anemia post operatoria che può ritardare la riabilitazione e la ripresa post operatoria. Le possibilità di avere bisogno di una trasfusione dipendono prima di tutto dalla quantità di emoglobina che avete al controllo dell’emocromo prima dell’intervento. Infatti, tanto migliore è il vostro tasso di emoglobina tanto minore il rischio di trasfusione.

Le complicazioni più frequenti da trasfusione sono elencate nella tabella sottostante. E’ da ricordare che le reazioni febbrili, le più frequenti, sono presenti, pur se con minor frequenza, anche dopo autotrasfusione e dopo reinfusione di sangue recuperato durante o dopo l’intervento. 

Tabella complicanze trasfusioni

Complicazione trasfusioni sangue (Lemos 2000)  

Proprio per la eventualità dell’insorgere di una o più di queste problematiche si adottano una serie di misure preventive per ridurre al minimo il sanguinamento. L’utilizzo di queste metodiche preventive riduce al minimo il numero di pazienti che viene sottoposto a trasfusione di sangue. Nonostante queste procedure può essere necessario eseguire una trasfusione di sangue.

Misure atte a ridurre la perdita ematica e la necessità di trasfusioni

1.   Utilizzo di tecniche chirurgiche mini invasive che garantiscono il massimo rispetto dei tessuti.

2.  Sospensione almeno 15 giorni prima dell’intervento di farmaci anti infiammatori. La terapia con FANS fluidifica il sangue ed aumenta il rischio di sanguinamento intra e post operatorio.

3.  Somministrazione pre-operatoria di acido tranexamico endovena. Il dosaggio di  questo farmaco è somministrato in base al peso corporeo, ha un effetto antiemorragico. Sono ormai numerosi gli studi che hanno valutato l’utilizzo e l’efficacia della somministrazione dell’acido tranexamico ottenendo una significativa riduzione delle perdite ematiche. 

4.   Predeposito di sangue proprio o autotrasfusione. Questa metodica consiste nel donare il sangue per il proprio intervento. Le auto trasfusioni sono state molto usate in passato anche per il timore di molti pazienti della trasmissione con le trasfusioni di malattie infettive ed in particolare della  epatite B e C e dell’HIV. Per questo motivo, si diede molta importanza alla necessità di eseguire l’autotrasfusione. In realtà, oggi, con le moderne tecnologie e le nuove norme di gestione delle banche del sangue, i rischi di trasmissione di malattie infettive sono praticamente inesistenti. La normativa vigente in Italia sulla gestione del sangue e dei prodotti di derivazione ematica consente l’organizzazione di autotrasfusioni solo sotto il controllo del centro trasfusionale di riferimento. Il paziente per il quale si prevede l’impiego di autotrasfusione deve effettuare una serie di test ematici e clinici e poi recarsi a visita nel centro trasfusionale dove l’ematologo incaricato decide sull’opportunità e sui tempi dei prelievi. Il sangue depositato viene successivamente trasportato nella struttura dove avverrà l’intervento nella data programmata.

5.   Recupero del sangue intra operatorio. In alcuni interventi, quando si presuppone ci possa essere un sanguinamento cospicuo, si può ricorrere all’utilizzo di particolari dispositivi che permettono di recuperare e re infondere il sangue perso durante l’atto chirurgico.

6.    Recupero del sangue post operatorio. Da alcuni anni sono in commercio dei sistemi che permettono di recuperare e di re infondere il sangue che viene perso dopo l’intervento.  Questi sistemi permettono di raccogliere il sangue perso nelle prime 4-6 ore dopo l’intervento dal drenaggio chirurgico, di filtrarlo e di re infonderlo. I sistemi di recupero del sangue intra operatorio e post operatorio, così come le autotrasfusioni, non possono essere utilizzati nei pazienti che presentano infezioni sistemiche.

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